La Via Ranna al cospetto del re
Non è da tutti cercare con ardore di andare in montagna in compagnia e non trovare nessuno. Comincio a chiedermi cosa c’è che non va nella mia figura… quando la sorte mi porta in dono un compagno di avventura noto come montanaro di lungo corso, atletico e soprattutto taciturno, quasi muto! :)

Bruno ed io sfrecciamo sulla Salaria alla volta della Laga e della mitologica Via Ranna, seguendo le orme fresche di amici cordini. Roma rovente già a Macchie Piane è un ricordo spazzato via dalla frescura e dai colori brillanti. Alle 8.10 lasciamo l’auto, il gigante e la bambina, la dama e il cavaliere, la mente e il braccio…; mi vengono in mente tante immagini per quest’accoppiata alla prima uscita senza la presenza di altri.

Tra una chiacchiera e l’altra ben presto il Tracciolino di Annibale ci scorre sotto i piedi, fino alla deviazione in cui inizia la via Ranna, la via Grande, un tempo percorsa dai pastori e dalle loro greggi verso stazzi e valichi.

La traccia incide i fianchi meridionali di Cima Lepri e Pizzo di Moscio, a circa 2000m di quota poco sotto la cresta; nascondendosi alla vista in qualche breve tratto, attraversa maestosi fossi inclinati salendo moderatamente, e senza particolare sforzo fisico deposita il camminatore nel Fosso di Selva Grande. Dove abbondano gli orapi è certo che qui erano gli stazzi che ospitavano pastori e animali; ce ne sono in quantità industriale, ben concimati e assolati. I nevai sono a buon punto con lo scioglimento, non abbiamo nessun problema di attraversamento e anzi uno di essi ci regala lo spettacolo di osservare da dentro le sue forme.

Quello che rende indimenticabile la via, l’aspetto più emozionante e appagante, è l’affaccio sul Gorzano, maestoso re della Laga nuovo alla vista da questa angolazione. La fascia rocciosa subito sotto la Costa delle Troie mi è quasi sconosciuta e l’imponente Fosso della Pacina, ripido e precipitante in un imbuto di valanga, è magnetico. Tra la Ranna e il Gorzano lo sguardo accoglie l’intaglio ruvido e verticale del Monte Spaccato, risalito ben due volte e sempre per via accidentata e ripida quando si andava a caccia di 2mila.

La salita finale dal Fosso di Selva Grande per sentiero CAI ci conduce faticosamente in cresta, nei pressi della Sella della Solagna, dove ci rifocilliamo con il pranzo. Difficile credere oggi che i Monti della Laga siano stati un tempo ricoperti di boschi anche ai piani superiori. La vista da qui non ha limiti in una giornata di sole e concatenare con lo sguardo tutte le cime del gruppo, potendo dare un nome anche alla gran parte dei fossi e dei versanti, mi dà una grande soddisfazione.

Bruno mi aveva già proposto di arricchire l’escursione raggiungendo il Monte Pelone Meridionale e così facciamo. Per lui è una cima nuova, per me un piacevole allungo in una galoppata di cresta che dal Pelone Sud ci vede poi salire Pizzo di Moscio, proseguire verso Cima Lepri, raggiungere il Vado di Annibale e di qui tornare a Macchie Piane. Alle 18 siamo all’auto, mentre la luce bassa del tardo pomeriggio fa risplendere Pizzo di Sevo.

Qualche gesto di streching ci aiuta ad ammortizzare 25 km e 1700 m di dislivello, che si sentono nelle gambe e nei piedi. E abbeverandosi ancora del verde tutto intorno, la mente partorisce la prossima meta: la Cascata della Morricana, finora mai vista, magari anche d’inverno…

23 giugno 2019


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