DALLA SELLA DI LEONESSA AL GHIACCIAIO DEL CALDERONE

Credo di poter “appendere gli sci al chiodo” per quest’anno. La mia prima stagione di scialpinismo si è chiusa in bellezza ieri, 31 maggio, sciando il Ghiacciaio del Calderone al Gran Sasso.
Parcheggiata l’auto a Cima Alta (1587m) alle 9.15 iniziamo la bellissima salita per l’Arapietra tra erba verde e fiori profumati, al cospetto del Magnifico che svetta davanti ai nostri occhi e della via di salita che vediamo quasi per intero- solo la vetta è coperta da nuvole, ma non è una novità. Il sole va  e viene e così le nuvole, che, contrariamente a quanto ci aspettavamo, non lasciano molta speranza per un’apertura del cielo. Ma saliamo, tranquilli, fino ad arrivare alla stazione superiore della seggiovia e da li proseguire per il Franchetti.  

Saliamo sci in collo, la neve non richiede ramponi né piccozza, si va che è una meraviglia. Nel Vallone delle Cornacchie ci fanno compagnia enormi pietre cadute chissà quanto tempo fa, in bilico ma sorrette dalla loro stessa mole. Alla nostra destra abbiamo la magnifica e verticale parete est del Corno Piccolo. La quiete è totale; siamo in tre e superiamo solo due signori a piedi. I miei compagni di salita sono Giorgio, noto bradicardico dal passo lesto, e Tomaso, suo amico di avventura alla Chamonix-Zermatt ancora più bradicardico (40 battiti al min!) e ancora più lesto. Per fortuna, nonostante non vado in montagna da 21 giorni, le gambe tengono bene e in due ore siamo al Franchetti (2433 m). Siamo immersi nelle nuvole, è sicuro che il cielo non si aprirà e Mazzoleni ci conferma che il tempo è dato in peggioramento. Mangiamo una mela, due parole con i pochi appiedati che sono già stati in vetta  e ripartiamo.

È la mia prima volta in invernale oltre il Franchetti e pagherei perché le nuvole si diradassero e mi consentissero di vedere l’anfiteatro tra i due Corni che si apre sulle nostre teste! La morena del ghiacciaio del Calderone è una bella e ripida appettata, che attacchiamo di buona lena zigzagando fino a che non rimpiana un po’. La nebbia non permette di vedere nulla, ma proseguiamo spediti puntando dritti all’uscita in cresta, per l’ultimo erto tratto di salita.

C’è una marea di neve ancora e dobbiamo scavalcare il muro di un paio di metri che ci consente di arrivare  in  cresta per puntare a sinistra e raggiungere la croce di vetta. Mentre lo  scavalco anch’io penso: fa che una botta di vento non mi spinga indietro e il peso degli sci abbia la meglio! Ma va tutto bene, percorriamo il breve tratto di cresta nel vento, superando l’imbocco del Bissolati, e alle 12.50  siamo in vetta: 2912 m di roccia sotto i piedi e scialle di nuvole tutt’intorno. La sosta nutritiva, nonostante il freddo, non ce la leva nessuno: ci siamo incollati gli sci per 1350 metri di dislivello e in tempi onorevoli (3ore e 35 dalla macchina alla vetta)! Non c’è nessun altro con noi, nemmeno venuto da Campo Imperatore. Tomaso, che è uno scialpinista da barrette e sosta breve, si meraviglia un po’ nel vederci tirare fuori salame e formaggio, ma… fa presto a convincersi ad assaggiare anche lui. E poco dopo siamo pronti per la discesa.

La mia  discesa  con  gli  sci comincia poco sotto  il muro di cresta,, ancora troppo per me da superare se non a piedi. Ma da li in poi è una meraviglia. La neve tiene benissimo, non c’è da aver paura, complici anche le nuvole che impediscono di vedere il pendio ripido sotto i piedi. Mi diverto anche quando cado e perdo uno sci, rido felice sotto lo sguardo dei miei due compagni che sono uno spettacolo sugli sci, uno più bravo dell’altro. Supero anch’io con facilità la morena, che è il punto più ripido, e in men che non si dica siamo di nuovo sopra al Franchetti. Mentre contemplo felicissima le mie curve, decidiamo di non fermarci al rifugio perché il tempo sta peggiorando; e via di nuovo in discesa! Ma a un tratto… possibile…? ci sono dei crepacci? Si, ci sono e, me inesperta, improvvisamente mi trovo a passarne uno guardando il cielo! Curvando in un punto infilo gli sci su una neve bianchissima e mi ritrovo catapultata in avanti, prima a faccia nella neve, poi girandomi non so come a naso all’insù e testa all’ingiù, scivolando sullo zaino come su un guscio di tartaruga. Che siparietto! Nella discesa mi vedo sfilare accanto un grosso buco oblungo, una specie di piccola Sa Nurca nella neve, che se ci fossi andata a finire dentro di testa chissà che ridere per i miei amici di avventura! Ma sono io che rido, come una matta, per la scena comica e per avere fortunatamente passato il crepaccio principale nel punto di minor apertura. Risalgo per fargli una foto e poi rinforco gli sci per finire la discesa. Che giornata! Sono strafelice! Arriviamo al passo delle scalette e da li proseguiamo di nuovo sci in collo, sotto l’acqua che comincia lentamente a cadere. Il resto è un’ora di camminata su prati e fango, sotto una pioggia a catinelle che ci inzuppa ben bene. Alle 15 siamo alla macchina, lieti di non esserci fatti intimorire dal meteo e con una certezza: torneremo in estate, a fare qualche bella via quando il sole splenderà nel cielo!

Dalla Sella di Leonessa il 30 novembre 2008 al Ghiacciaio del Calderone il 31 maggio 2009 ho vissuto 6 intensissimi mesi di scialpinismo, passando per il Redentore e il Kleinglockner. E siccome sono masochista, credo proprio che continuerò ;)

Sara

01/06/2009


 

 

 


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